L’incaricato regionale al metodo, Mario Gigante l’aveva promesso: al prossimo “Mandato” raddoppieremo le presenze.
A Musellaro, l’ospitale e confortevole (qualcuno ha detto: anche troppo) cornice che ha visto 59 capi, appartenenti ad una ventina di gruppi della nostra regione, è stata molto apprezzata dai partecipanti che, incalzati dalla positiva atmosfera che da subito si è creata, sono entrati senza indugio nel clima dell’uscita.
Nguyen Van Thuan: il Cardinale martire.
Questo è il personaggio suggestivo proposto ai partecipanti sin dalle prime battute. Si tratta di un vietnamita cresciuto con le storie della Bibbia e morto cardinale a Roma dopo anni di prigionia a Saigon, con l’accusa di aver preso parte ai complotti orditi (secondo il governo locale) dal Vaticano a danno degli imperialisti. Vissuto tredici anni in carcere senza giudizio né sentenza, visse in modo straordinario la sua condizione di prigioniero senza colpe. Fra i ricordi dei suoi pensieri, ce n’è uno fra i più toccanti: La sua bontà, il suo amore anche per i nemici, colpiva non poco le guardie. Sulle montagne di Vinh Phù, nella prigione di Vinh Quang, chiese una volta a una guardia il permesso di tagliare un pezzetto di legno a forma di croce. E quello lo accontentò. In un’altra prigione chiese alla guardia un pezzo di filo elettrico. Temendo che volesse suicidarsi, l’agente si spaventò. Ma Nguyen Van Thuân gli spiegò che voleva fare semplicemente una catenella per portare la sua croce. Dopo tre giorni la guardia ricomparve con un paio di pinze e insieme composero una catenella. Da quella croce e da quella catena Nguyen Van Thuân non si separò più. Le portò sempre al collo, anche dopo la sua liberazione, avvenuta il 21 novembre 1988. E anche dopo il suo esilio forzato a Roma, nel 1991 e la sua nomina a cardinale nel 2001.
E sempre con quella povera croce sul petto è morto, lunedì 16 settembre.
È per questo motivo che la sua crescita spirituale è stata caratterizzata fortemente dall’ESSENZIALE, per necessità e per scelta. Nguyen amava descrivere così la ricchezza dell’essenziale: “Bisogna vivere dell’essenziale in ogni cosa, ma soprattutto nello slancio missionario della nostra vita di pastori, partire dall’essenziale. Avere l’essenziale nel cuore. Quando abbiamo l’essenziale dentro di noi, non sentiamo più bisogno di niente. Anche nella nostra vita sacerdotale dobbiamo avere l’essenziale in noi, cioè Dio e la sua volontà. Se hai Dio hai tutto, se non hai Dio nel tuo cuore, manchi di tutto.
L’essenziale non si può perdere che con il peccato e, se ci sforziamo di essere fedeli, lo custodiremo nel cuore e ciò ci darà la gioia di cominciare ogni giorno daccapo con nuovo slancio ed entusiasmo.” Essenzialità che si manifesta anche in altre vicende: “ Lei ha potuto celebrare la Messa in prigione’”, è la domanda che molti mi hanno posto più volte. E hanno ragione: l’eucarestia è la più bella preghiera , è il culmine della vita di Gesù. Quando rispondo “si”, conosco già la domanda seguente: “ come ha potuto procurarsi il pane e il vino’”. Quando fui arrestato, dovetti andarmene subito a mani vuote. L’indomani, mi è permesso di scrivere per chiedere le cose più necessarie. Vestiti, dentifricio… Ho scritto al mio destinatario.” Per favore, mi mandi un po’ di vino, come medicina contro il mal di stomaco”. I fedeli capiscono subito cosa significa; mi mandano una piccola bottiglia di vino per la Messa, con l’etichetta contro il mal di stomaco, e delle ostie celate in una fiaccola contro l’umidità. La polizia mi ha domandato. – Lei ha male di stomaco –Si – Ecco un po’ di medicina per lei. Non potrò mai esprimere la mia grande gioia:ogni giorno, con tre gocce di vino e una goccia d’acqua nel palmo della mano, celebro la mia Messa.
Ma cos’è essenziale?
Don Cristian ha calcato molto su questo argomento: come ha detto il Cardinale di Saigon, se abbiamo Cristo e quindi l’Eucarestia, non abbiamo bisogno d’altro, possediamo già l’essenziale.
Le attività di branca avevano un filo conduttore Essenziale: il pane, nutrimento per lo spirito e per il corpo. Ben giocate le attività, la pattuglia della branca l/c ha iniziato mettendo in caccia i capi, alla ricerca degli ingredienti fondamentali per poter fare il pane: grano, acqua, sale e lievito, il tutto con lo strumento tipico della branca: il gioco. Sotto il coordinamento della pattuglia e/g, con gli ingredienti procurati, è stato preparato il pane. Il momento r/s è stato quello con il maggior spessore; il messaggio era: “FARSI PANE”. La seconda parte della veglia metteva al centro Gesù servo di tutti fino alla morte in croce e il suo diventare pane per noi, con l'insegnamento all'AMORE come don Bosco, alla SEMPLICITA' francescana, all'UMILTA' di Madre Teresa di Calcutta, alla GIOIA di Santa Chiara, alla QUOTIDIANITA' di Pier Giorgio Frassati e al CORAGGIO di Papa Giovanni Paolo II. La parte conclusiva spingeva il senso del Farsi Pane direttamente nel cuore e nella coscienza dei capi. Farsi Pane per i ragazzi che il signore ha messo sulla nostra strada e l’associazione ce li affida. L’Adorazione Eucaristica e la Messa, celebrata da don Cristian, sono stati due momenti di indubbia efficacia, la condivisione Eucaristica così rappresentata è stata il vero “ Mandato”.
Don Cristian Di Biase: un volto noto ma con abiti diversi.
– nato a Pescara il 14/01/76
– dopo i primissimi anni di vita, con la famiglia si trasferisce a Montesilvano
– entra in ACR
– completa il cammino fino a diventarne educatore
– ormai adulto, entra in AGESCI nella comunità capi del Montesilvano 1
– subito dopo entra nello staff di reparto
– Nel 2003 frequenta il CFM E/G di Catignano
– Dopo 1 anno risponde alla chiamata del Signore entrando in seminario a Fermo
– Dopo qualche tempo si trasferisce al seminario di Chieti, dove termina la sua formazione spirituale
– Il 7/12/2008 viene ordinato sacerdote a Pescara nella Cattedrale di San Cetteo
– Attualmente è vice parroco nella Parrocchia di San Domenico a Penne, dove il Parroco è don Giorgio Moriconi, assistente regionale e/g
– Da sempre animatore (sono note le sue schitarrate).
– Ha una spiccata vena artistica. Molto bravo nel disegno, ha stilizzato su carta il suo Calice e lo ha fatto realizzare da un artigiano in una pregevole fattezza.
Nel Vangelo della domenica, la sostanza del “Mandato”
“La suocera di Simone era a letto con la febbre …. Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano…”
La messa delle domenica aveva al centro il Vangelo di Marco che nei suoi contenuti calzava alla perfezione con lo spirito di servizio dei capi presenti. Infatti loro sono stati “toccati” e pur se stanchi e febbricitanti in senso figurato, si son fatti prendere per mano pronti ad assolvere questo nuovo impegno.
La cerimonia della consegna del Mandato in piazza ha concluso le attività. Alla presenza dei responsabili regionali, con il sole che rifletteva i suoi raggi sulle piste innevate della Majella, sono stati consegnati i Mandati a tutti i capi che hanno partecipato all’evento che, come ricordava Mario Gigante, sono intervenuti senza alcun obbligo, consapevoli dello scopo che è far crescere il senso di appartenenza associativa e la consapevolezza di rappresentare con il proprio servizio, tutta la regione
Insieme alla pergamena del Mandato, è stato consegnato anche uno speciale scubidù, intrecciato con cordini del colore delle tre branche avvolte con qualche giro di cordino color celeste. Tutti i capi “mandati” lo indosseranno fra il bottone della tasca della camicia e il fazzolettone.
Complimenti per la bellezza del simbolismo a Alessandra Magnanti per la creazione e Antonio Di Pietro per la realizzazione.
Ottimo il servizio del clan del PESCARA 9: disinvolti ai fornelli ed efficienti dietro il banco del bar. Ma ci saranno venuti spontaneamente o ce li avranno “mandati”?
Marco Cirillo
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