Cari amici dell’AGESCI, buongiorno!
Vi ringrazio di essere venuti così numerosi da tutte le regioni d’Italia a formare questa festosa presenza in Piazza San Pietro. Saluto il Capo Scout e la Capo Guida, l’Assistente Ecclesiastico Generale, i lupetti e le coccinelle, gli esploratori e le guide, i rover e le scolte, con le comunità-capi e i sacerdoti assistenti.
Vi dirò una cosa – ma non vantatevi! -: voi siete una parte preziosa della Chiesa in Italia. Grazie! Forse i più piccoli tra voi non se ne rendono bene conto, ma i più grandi spero di sì! In particolare, voi offrite un contributo importante alle famiglie per la loro missione educativa verso i fanciulli, i ragazzi e i giovani. I genitori ve li affidano perché sono convinti della bontà e saggezza del metodo scout, basato sui grandi valori umani, sul contatto con la natura, sulla religiosità e la fede in Dio; un metodo che educa alla libertà nella responsabilità. Questa fiducia delle famiglie non va delusa! E anche quella della Chiesa: vi auguro di sentirvi sempre parte della grande Comunità cristiana.
L’anno scorso, in agosto, vi ho telefonato quando eravate radunati nella pineta di San Rossore. Vi ricordate? Avevate fatto una grande route nazionale, come dite voi. E avete fatto la “Carta del coraggio”. Questa “Carta” esprime le vostre convinzioni e aspirazioni, e contiene una forte domanda di educazione e di ascolto rivolta alle vostre comunità capi, alle parrocchie e alla Chiesa nel suo insieme. Questa domanda investe anche l’ambito della spiritualità e della fede, che sono fondamentali per la crescita equilibrata e completa della persona umana.
Quando una volta qualcuno chiese al vostro fondatore, Lord Baden Powell, “che cosa c’entra la religione [con lo scoutismo]?”, egli rispose che «la religione non ha bisogno di “entrarci”, perché è già dentro! Non c’è un lato religioso del Movimento scout e un lato non… L’insieme di esso è basato sulla religione, cioè sulla presa di coscienza di Dio e sul suo Servizio» (Discorso ad una conferenza di Commissari scout/guide, 2 luglio 1926, in L’educazione non finisce mai, Roma 1997, p. 43). E questo l’ha detto nell’anno ’26.
Nel panorama delle associazioni scout a livello mondiale, l’AGESCI è tra quelle che investono di più nel campo della spiritualità e dell’educazione alla fede. Ma c’è ancora tanto da lavorare, perché tutte le comunità-capi ne comprendano l’importanza e ne traggano le conseguenze.
So che fate dei momenti formativi per i capi sull’accostamento alla Bibbia, anche con metodi nuovi, mettendo al centro la narrazione della vita vissuta a confronto con il Messaggio del Vangelo. Mi congratulo con voi per queste buone iniziative, e mi auguro che non si tratti di momenti sporadici, ma che si inseriscano in un progetto di formazione continua e capillare, che penetri fino in fondo nel tessuto associativo, rendendolo permeabile al Vangelo e facilitando il cambiamento di vita.
C’è una cosa che mi sta particolarmente a cuore per quanto riguarda le associazioni cattoliche, e vorrei parlarne anche a voi. Associazioni come la vostra sono una ricchezza della Chiesa che lo Spirito Santo suscita per evangelizzare tutti gli ambienti e settori. Sono certo che l’AGESCI può apportare nella Chiesa un nuovo fervore evangelizzatore e una nuova capacità di dialogo con la società. Mi raccomando: capacità di dialogo! Fare ponti, fare ponti in questa società dove c’è l’abitudine di fare muri. Voi fate ponti, per favore! E col dialogo, fate ponti. Ma questo può avvenire solo a una condizione: che i singoli gruppi non perdano il contatto con laparrocchi adel luogo, dove hanno la loro sede, ma che in molti casi non frequentano, perché, pur svolgendo là il loro servizio, provengono da altre zone. Siete chiamati a trovare il modo di integrarvi nella pastorale della Chiesa particolare, stabilendo rapporti di stima e collaborazione ad ogni livello, con i vostri vescovi, con i parroci e gli altri sacerdoti, con gli educatori e i membri delle altre associazioni ecclesiali presenti in parrocchia e nello stesso territorio, e non accontentarvi di una presenza “decorativa” alla domenica o nelle grandi circostanze.
Ci sono, nell’AGESCI, molti gruppi che già sono pienamente integrati nella loro realtà diocesana e parrocchiale, che sanno fare tesoro dell’offerta formativa proposta dalla comunità parrocchiale ai ragazzi, ai giovanissimi, ai giovani, agli adulti, frequentando, insieme con gli altri loro coetanei, i gruppi di catechesi e formazione cristiana. Fanno questo senza rinunciare a ciò che è specifico nell’educazione scout. E il risultato è una personalità più ricca, e più completa. Se voi siete d’accordo ? Allora andiamo avanti così!
Vi ringrazio tutti: lupetti e coccinelle, esploratori e guide, rover e scolte, comunità capi e sacerdoti assistenti. Vi accompagno con la mia preghiera, ma chiedo anche a voi di pregare per me.
Buon cammino a tutti voi!
Inviate un vostro pensiero su queste parole a comunicazione@abruzzo.agesci.it . Lo pubblicheremo qui di seguito, con il vostro nome (se non ci chiederete l’anonimato).
Noemi (PE5): “Sarebbe riduttivo verificare questa giornata sottolineando solo la bellezza di far parte di quella distesa di camicie azzurre, dell’intonare canti insieme, dello sventolare i fazzolettoni. Da capi adulti, abbiamo il dovere di metterci in discussione. La fratellanza internazionale, l’essere “amici di tutti e fratelli di ogni altra guida e scout”, fanno sempre parte di noi? Forse il Papa ci ha colpiti su un punto delicato, sul quale c’è ancora un po’ da lavorare. Bisogna ripartire dal piccolo contesto cittadino per poter attuare a pieno ciò che ci è stato chiesto. Basterebbe cominciare dal sentirsi capo dell’Associazione in primo luogo e poi, solo in seconda battuta, capo del proprio gruppo. Quando prenderemo davvero coscienza di essere un’unica entità, potremo cominciare a fare ciò che ci è stato chiesto: instaurare un dialogo con le altre realtà. Cominceremo a costruire ponti quando riusciremo a trasmettere ai nostri ragazzi, con l’esempio, l’appartenenza ad una grande famiglia, suscitando contemporaneamente in loro la curiosità e l’apertura verso le differenti realtà territoriali; solo allora opereremo il cambiamento di cui la società ha bisogno. Le basi per mettere in pratica tutto questo le abbiamo, basta esaminarci e ripartire dal nostro patto associativo. Papa Francesco ha usato la correzione fraterna e noi, da scout, dovremmo sapere come rispondere.”
Antonio: “Siamo felici che il Santo Padre abbia accolto la carta del coraggio come momento di riflessione anche per i capi, che evidenzi la forte domanda di educazione ed ascolto dei nostri ragazzi”
Giovanni: “Col dialogo, fate ponti”
Marcello (PE14): “Credo che il Papa abbia chiaramente capito e fatto capire l’importanza del nostro servizio educativo, del nostro stare con i ragazzi e il nostro essere associazione di frontiera, proprio come lui chiede e ha chiesto a più riprese. Importante la richiesta di essere “ponti” con la società, penso che debba interrogarci sul nostro affacciarci sul mondo, sul nostro doverci sporcare le mani e sul dover tentare di capire e comprendere tutto ciò che ci circonda. Abbiamo un osservatorio privilegiato in questo: i ragazzi. Infine il rapporto con la parrocchia: ci chiede di integrarci, di essere parte della vita pastorale. Dobbiamo anche fare un passo ulteriore verso questo, consapevoli del nostro carisma specifico che non deve diventare però autoreferenzialità o attivismo.”
Franco (PE3): “La religione non ha bisogno di entrarci, è già dentro… essere scout è un’esperienza spirituale. Essere scout fa sì che Dio diventi parte della propria vita senza che i ragazzi nemmeno se ne rendano conto. La bellezza dello scoutismo vista da capo, è la meraviglia del ragazzo quando prende coscienza che tutto ciò che ha vissuto è così bello proprio perchè è pieno di Dio.”
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