Crisi economica? Investiamo nella famiglia!

di Giulia Paola Di Nicola

imagescaha26jmLeggendo il piano sociale per l’Abruzzo si evidenzia una serie di problemi che attengono in modo particolare agli aspetti demografici, all’invecchiamento, all’aumentata presenza di immigrati, alla povertà e alla disoccupazione. Sono problemi che richiedono a monte interventi di vertice sui quali è importante discutere ma sapendo che non sono direttamente di nostra competenza, come singoli e come associazioni.

Colpisce il problema demografico – che di riflesso colpisce la scuola e le associazioni che operano sui giovani – rispecchia un andamento nazionale: i Quotidiani del 21. XI. 2009 hanno denunciato un’Italia senza ragazzini: gli under 15 anni si sono ridotti di un terzo in trent’anni. Golini ha sottolineato che il tasso di fecondità è – come quello tedesco – uno dei più bassi in Europa (il numero medio di figli per donna nel 2008 è stato di 1,41 contro il 2,01 irlandese). Sebbene si registri una tendenziale risalita dal 1995 in poi, alla fine il saldo tra morti e nati resta negativo. A fine 2008 la popolazione ha superato quota 60 milioni solo grazie alla presenza di immigrati, che rappresentano ormai il 6,5% della popolazione. Il piano sociale evidenzia bene tutti i problemi connessi all’invecchiamento della popolazione.
Vorrei sottolineare da parte mia che per i giovani oggi si pone più fortemente il problema dell’assistenza, dato che le famiglie, oberate da occupazioni, chiedono aiuto. Sarebbe opportuno che i giovani facessero la loro parte, secondo le loro competenze, per esempio insegnando a i nonni a servirsi di internet: solo il 9,9% degli ultra 65enni e solo il 2,4 tra gli ultra 75enni in Italia è capace di usare il computer, eppure questo strumento è un buon antidoto alla solitudine e al disbrigo delle pratiche. Più spesso, dato che gli anziani sanno che la solidarietà intergenerazionale è piuttosto rara si riscontrano forme di compensazione con la solidarietà intragenerazionale, quando un pensionato aiuta un anziano non più autosufficiente.
Inoltre non di rado i ragazzi hanno a che fare con anziani vitali, che non si concentrano su dentiere e pannoloni, ma muovono il marketing della salute, dello sport, dei viaggi… L’anziano di un tempo, ricco di esperienza, stabile, capace di affascinare raccontando storie, si trasforma talvolta in un concorrente nella fruizione del mercato del tempo libero e spesso con risorse di denaro significative rispetto alle famiglie medie.
Paradossalmente in periodi di crisi come questo c’è ancor più bisogno di famiglie “forti” e solidali, capaci di far fronte a indigenza e imprevisti. I giovani possono fare molto per potenziare l’investimento soprattutto in termini di capitale umano sulla famiglia e di conseguenza a ripensare le politiche per la famiglia:
• Non solo famiglie con casi patologici: le famiglie normali
• Non solo tamponamenti né solo prevenzione ma ottimizzazione
• Non solo risorse per spese aggiuntive
• Non solo pratiche, formulari, nuovi enti, burocrazia
• Non solo interventi di vertice.

Generare investimenti di fiducia nelle risorse della famiglia significa:
• Riconoscerla soggetto e applicare il principio di sussidiarietà, riducendo gli interventi invasivi e di esproprio e puntando a far sì che essa possa svolgere i suoi compiti adeguatamente, con interventi di sostegno in casi di necessità.
• Riconoscere la centralità della coppia coniugale e genitoriale, che è di per sé il soggetto più adatto a comprendere e gestire i problemi della famiglia nelle diverse fasi del suo sviluppo
• Sostenere le forme intermedie tra pubblico e privato, puntando soprattutto sui servizi autogestiti, il volontariato, le madri di giorno, le reti, le associazioni
• Lavorare con i ragazzi e le ragazze perché siano consapevoli di dover contribuire al buon essere della famiglia sia dal punto di vista umano (allegria, consolazione, comunicazione …) sia quando serve aiuto nel disbrigo delle faccende pratiche. Essi dovrebbero escludere eventuali lavoretti integrativi dei magri salari dei genitori in tempo di crisi.
• Sostenere tutte quelle istituzioni che promuovono uno spirito di famiglia, quando si trovano (parrocchie, associazioni, gruppi …), a livello culturale e spirituale e di promozione del mutuo aiuto tra famiglie.
• Far sentire la propria voce come associazione quando si tratta di sostenere politiche sociali in favore delle famiglie ai tre livelli:
Macro: Azioni governative su politica fiscale, sanitaria, scolastica, amministrativa, del lavoro, dirette a sostenere e non penalizzare le famiglie. Gli ambienti lavorativi e gli orari dovrebbero favorire la conciliabilità tra lavoro e cura tenendo conto degli spostamenti e delle necessità pratiche. Sono utili in tal senso part-time, percorsi di entrata-uscita, telelavoro, sostegno alle imprese familiari (importante la sintonia con l’ex partner considerato affidabile e collaborativi anche dopo la separazione come dimostra una ricerca inglese), riconoscimento del lavoro di cura per entrambi i genitori e della importanza del tempo libero; revisione dei programmi scolastici, con un occhio alla capacità di discernimento nei confronti dei mass media, e all’educazione all’amore, specie i bambini e gli adolescenti…
Meso: Agire sul territorio, sollecitando le istituzioni vicine ad azioni mirate, per esempio circa i soggetti di riferimento per l’affido, le adozioni, la mediazione familiare, tutte le volte in cui si ricorre ad un terzo non parte in causa per aiutare o dirimere situazioni di conflitto. Sollecitare anche a raccordare i tempi della vita riorganizzando il sistema dei servizi. Tenere conto delle possibilità delle famiglie quando si esercitano forme di pressione fiscale indifferenziata ed eccessiva, adottando piuttosto forme di detassazione, per esempio in caso di lavoro intrafamiliare, e intervenendo su famiglie con soggetti che hanno particolare bisogno di sostegno. Micro: Famigliarizzazione degli interventi e riconoscimento delle iniziative dal basso: mutualità tra famiglie, empowerment di iniziative a carattere imprenditoriale basate su un patto associativo tra famiglie e tutte quelle iniziative di mutuo aiuto che spesso si realizzano proprio grazie a reti familiari e associazioni che promuovono momenti di socializzazione.
Molto possono fare i giovani anche perché le modalità di erogazione dei servizi siano più efficaci. In particolare:
• Individuazione mirata dei bisogni, con persone del luogo, a contatto con le situazioni reali. Se serve, un operatore di strada che capta le situazioni a rischio. In ogni caso non è sportello presso cui fare la fila
• Diffusione: troppo spesso chi ha bisogno non viene a conoscenza del servizio esistente e si tratta per lo più di famiglie a bassa collocazione sociale. E’ opportuno utilizzare per la diffusione non solo i mass media ma anche i luoghi molto frequentati e personale preparato ad hoc: scuole, supermercato….
• Suscitare fiducia. Convincere a superare le diffidenze (“Meglio cavarsela da soli”, “Meglio i parenti”, “Meglio non esporsi”, “Meglio non ripetere esperienze negative”…) Alla base un c’è rapporto distorto con il servizio pubblico come allo Stato. Nell’immaginario il servizio pubblico è anonimo, burocratico, impersonale, dove si viene catalogati come famiglie a disagio, dove chi ti sorride lavora per denaro e dove si può essere accolti solo se si hanno buone credenziali. Non vi sono intermediari che captano le domande, le sanno elaborare al posto di chi resta muto e attirano investimenti di fiducia sul servizio specifico.
• Autopromozione. Il mutuo aiuto non può restare faccenda privata nel piccolo gruppo informale. Deve diventare politicamente spendibile. Le agenzie esterne possono sostenere ma non sostituire, debbono favorire l’autonomia, non la sudditanza. Favorire il clima di solidarietà diffusa è un compito che riesce bene a chi conosce le famiglia sul territorio e avendo conquistato la loro fiducia riesce a creare ponti. Molte forme di solidarietà dal basso (anziani che fanno i turni per la spesa, casalinghe che si prendono cura dei ragazzi…) domandano di essere riconosciute ex post.
• Cultura. Non basta agire dall’esterno e dall’alto se non c’è una mentalità favorevole alla famiglia. Influire sulla cultura nella scuola, nei corsi di preparazione al matrimonio (anche pubblici), nelle associazioni. Cultura è in particolare infondere positività e speranza.

Giulia Paola Di Nicola
Docente presso l’Università di Chieti e presso la Pontificia Università Salesiana; co-dirige la rivista “Prospettiva Persona” e la collana “Scienze del matrimonio” presso la Casa Editrice Effatà, Torino, unitamente al marito ATTILIO DANESE; è membro dell’Accademia Internazionale INTAMS per gli studi sulla coniugalità a Bruxelles.

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