Quando si entra in una comunità capi ci sono discorsi che non possono mancare.
“La comunità capi, dopo un’attenta analisi territoriale, sociologica e economica della situazione in cui volge il gruppo in questo periodo, e notando le grandi possibilità in te presenti, che porteranno radiosi frutti, è contentissima di accoglierti!”
E mentre tutti decantano la tua disponibilità, e tu credevi fosse arrivato il peggio, qualcuno esclama “Ora, la prima cosa da fare, è il CFT.”
Il capo gruppo continua il discorso e tu, neo capo, con sguardo confuso cerchi conforto in chi ti è accanto che, sorridendo ed annuendo, ti offre una magra consolazione. Il discorso termina con una ancor più magra consolazione “Li, ti spiegheranno tutto!”.
E allora parti…
Anche quest’anno un cospicuo gruppo di intrepidi, guidati da un ben formato staff, è partito, scoprendo che, in realtà, l’intento della comunità capi non è farti iscrivere ad un ennesimo reality in cui rischi la vita cercando di superare prove assurde, ma avere la grande opportunità di iniziare la tua formazione come capo.
Durante i tre giorni passati nella bellissima struttura di Rigopiano, in un estasiante contatto con la natura abruzzese, dal 30 ottobre al 2 novembre, abbiamo avuto modo di comprendere meglio il ruolo del capo e l’importanza della preparazione.
Siamo, infatti, chiamati ad educare, parola tanto usata quanto sottovalutata.
Nel senso più profondo, possiamo riassumerne il significato come “condurre fuori”, aiutare il prossimo a far uscire ciò che ha dentro. Non a caso B.P. diceva che “Il carattere non si insegna a suon di addestramento militare. Il germe è già nel ragazzo: si tratta solo di tirarlo fuori e di svilupparlo”.
L’ottima organizzazione ci ha dato modo di alternare momenti di fede con momenti di formazione in cui è risuonata molto forte la necessità di affrontare il percorso da capo con competenza e prontezza.
Analizzando il Patto Associativo abbiamo capito quanto sia profonda la scelta scout: autoeducazione, coeducazione, vita all’aperto, servizio, scelta cristiana, scelta politica, testimonianza e molte altre sono state le parole chiave dei nostri discorsi.
Scegliamo di essere capi non perché la vita non ha di meglio da offrire, ma per vocazione, perché accogliamo ciò che lo scautismo ci propone, mettendo in discussione ogni giorno il nostro modo di lavorare, di impegnarci, di agire, di pensare. Scegliamo di essere capi attenti all’altro, sia esso un esterno al nostro movimento, uno dei nostri ragazzi che cerca in noi risposte in un mondo sempre più indifferente o un nostro fratello capo.
Abbiamo riscontrato forte l’importanza della comunità capi. Fulcro di tutto il gruppo ha bisogno di cooperazione, condivisione esperienziale, operativitàcostante, correzione fraterna perché io, singolo, posso crescere solo con l’aiuto sincero dell’altro. Solo tanti singoli che collaborano per un fine comune, andando nella stessa direzione, possono far nascere dei miracoli, possono cambiare il mondo.
Noi crediamo nello scautismo come metodo per cambiare il mondo, insieme.
Siamo consapevoli delle difficoltà che si possono incontrare nel cammino ma scegliamo, come Pietro, di affidarci, lanciando le reti e cercando di essere, nel nostro piccolo, “pescatori di uomini”. Sappiamo che il calore del fuoco, la gioia dei canti e le tante attività che proponiamo possono lasciare un segno positivo e abbiamo scoperto e cantato che “su queste orme i piedi aumentano, sai già che non ti troverai più solo, la mia comunità è l’impegno che ho, dalle diversità un colore unico. E capirai di esser già uno strumento d’amore…!!!”
Ascoltate qui di seguito “Strumento D’Amore”, composto e cantato dai partecipanti al CFT.
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