Siamo partiti tutti un po’ intimoriti: i più “grandi” con l’ansia tipica della loro età su cosa e come sarebbe stato questo campo; i più giovani con la baldanza tipica della propria età, pur convinti di sapere già cosa li aspettasse ma incerti su come affrontarlo; i Capi formatori perché hanno saputo che altri due di loro hanno dovuto dare forfait all’ultimo momento.
Con grande sorpresa dei tirocinanti, era presente un gruppo considerevole di genitori “convertiti” allo scoutismo, tirati dentro dai propri figli all’attività scout, consapevoli che le tappe di formazione sono necessarie per un buon capo che voglia saper rispondere alla propria chiamata con coscienza e consapevolezza. L’insieme di capi provenienti da più gruppi abruzzesi, con il rito di accoglienza e la distribuzione del fazzolettone di un unico colore si trasforma per magia in una Comunità, pronta a condividere le nozioni di base di un buon capo e, soprattutto, pronta a capire la propria vocazione e la propria predisposizione a rispondere a tale chiamata in modo appropriato.
Il tema del campo “IlSignore degli Anelli, è stato uno spunto ottimo e inaspettato per parlare di vocazione e dei valori cristiani alla base della nostra scelta di capi scout. Il fuoco serale con i giochi, i costumi e la cena nel refettorio promosso a “Locanda del Puledro Impennato”, i piatti tipici portati da ciascun tirocinante, hanno contribuito a sciogliere quel poco di ghiaccio che normalmente si crea in un gruppo eterogeneo.
Tutto è stato una scoperta: sperimentare la vocazione attraverso l’esperienza di Mosè che si avvicina al Signore togliendosi i sandali, leggere in chiave cristiana l’avventura fantastica di due piccoli esseri che, a prima vista, devono portare a termine una missione più grande di se stessi, collaborare e riflettere insieme per portare fuori, chiarire, concetti metodologici di base, capire come il gioco possa servire a mettere in pratica tali concetti; il piacere della scoperta è stato seguito dallo stupore che può riassumersi in una domanda “Era così semplice farlo?”.
I momenti di maggiore partecipazione emotiva sono stati senza dubbio quelli di catechesi: un linguaggio semplice e immediato ha aiutato molto; la celebrazione della Santa Messa, il momento di deserto, quello della confessione e, soprattutto, quello dell’Adorazione al Santissimo durante la notte hanno posto ciascuno di fronte alle proprie problematiche, hanno scoperto e messo a nudo l’Io Sacro di ciascuno, spronandolo a porsi domande e assumere un atteggiamento critico positivo nei riguardi della fede.
I momenti ludici sono stati particolarmente aggreganti e divertenti. I più “anziani” si sono affidati all’esperienza dei più giovani per organizzarli: questi infatti, sono iscritti all’Associazione da tenera età e, dunque, hanno dalla loro oltre all’efficienza e alla forza fisica anche la fantasia e la voglia di divertirsi e giocare. Quest’ultima è diventata subito contagiosa e nessuno si è tirato indietro nel “Giocare il gioco”.
Se questo campo di formazione aveva lo scopo di incrinare le certezze di ognuno sulla propria scelta di capo scout mettendolo di fronte a quello che lo aspetta nel proprio cammino di capo e creando, pertanto, una crisi ci è riuscito benissimo. Ci è riuscito proprio perché ha ricordato a ciascun partecipante il valore di quello che egli ha pronunciato con la sua promessa: l’impegno verso se stessi, verso il prossimo, il rispetto della legge, guidati dalla Fede più grande, mettendo in gioco il proprio onore, la propria credibilità.
Ci è riuscito perché ha reso la consapevolezza di avere la responsabilità di bambini e ragazzi per i quali il Capo è la figura di riferimento, con i quali è possibile giocare un gioco ormai datato un secolo ma sempre attualissimo.
dalla penna di Angela Chiumeo
foto di francescorulli
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