Storie di Scoutismo: L’aquila, Il fascino del deserto è che nasconde un pozzo

Quando sul portale “Agesciabruzzo” ho letto l’editoriale che faceva memoria del terremoto del 6 aprile, si sono agitati in me tanti sentimenti contrastanti. Inutile dire come quello spartiacque cronologico sia primariamente uno spartiacque psicologico: esiste, scavato dentro il mio animo ma come penso anche in tutti gli aquilani, un «prima» e un «dopo». Spesso, con qualche amico, nel raccontarci un episodio simpatico, emozionate o molto significativo che ci è capitato nella vita scout, collochiamo gli eventi ante 2009 in tempo indefinito, sospeso, come se li avessimo vissuti in “un’altra vita”. Eppure si tratta di appena quattro anni fa, o poco più.

Nell’aprile 2012 avevo collaborato alla produzione di un Report che fu presentato nell’Assemblea Regionale di Luco dei Marsi in occasione del terzo anniversario del sisma. Ripensandoci, vi assicuro che poco o nulla da allora è cambiato; anzi si stanno ineluttabilmente cristallizzando alcuni aspetti ed alcune problematiche della  vita aquilana che quel documento già evidenziava un anno fa.

A mio parere esiste una grossa difficoltà, nell’Aquila di oggi, e cioè quella di riuscire a “leggere i segni”, a decifrare i mutamenti sociali ed economici in atto, a cercare di capire come sia cambiato il sistema valoriale, il contesto relazionale nel quale vivono i ragazzi (ma non solo: in definitiva tutti) e, soprattutto, se sia rintracciabile quel segno di speranza che possa aprire una prospettiva positiva, “giocabile” nel futuro, spendibile nel contesto aquilano.

Si assiste infatti molto (troppo?) alla mitizzazione del passato, della “storia che era”, dell’“Aquila che era”, di come “eravamo fortunati” a vivere in una bella città. Facebook, per esempio, è pieno di pagine in merito (“L’Aquila de ‘na ote”, “L’Aquila: immagini e ricordi”, e così via discorrendo). Non so se il rifugiarsi nel passato sia una soluzione per trovare risposte alle nuove esigenze di oggi: la domanda, per me, resta aperta, ma credo che il tentativo valga lo sforzo se si è poi capaci di proiettarsi al futuro.

Eppure, nella difficilissima ricomposizione del tessuto sociale nell’attuale «diaspora» post-sisma, qualche segnale di speranza sembra di vederlo, e con legittima soddisfazione. Stanno infatti nascendo associazioni culturali, teatrali, o che si occupano di territorio, di consumo critico, molto spesso animate da giovani e giovanissimi (“Policentrica”, “l’Arca”, solo per citarne un paio). Il desiderio di ridare un’identità ad un volto frammentario e sfigurato è certamente positivo e questi atti di buona volontà andrebbero con ogni mezzo sostenuti dalle sonnolente istituzioni locali.

Un fenomeno particolare si è anche innestato nell’AGESCI, nato spontaneamente e giunto forse in maniera inaspettata ma sicuramente non imprevedibile. Sta emergendo infatti una feconda attenzione – se posso dire così – proveniente dalla «base associativa». Molti gruppi – soprattutto la Branca RS –  hanno scelto di “studiare” il caso L’Aquila venendolo ad osservare davvero da vicino, interrogandosi, cercando risposte alle proprie domande. E, forse, con una lente grandangolare che riesce ad inquadrare cosa sta accadendo a L’Aquila nella sua complessità e nella sua verità.

Nell’estate 2012 in città sono transitati una ventina di Clan che hanno scelto L’Aquila come luogo di partenza o di arrivo per le loro route. E provenivano realmente da tutta Italia! Dalla Toscana (Arezzo, Pisa), dalla Puglia o dalla Sardegna, più alcuni gruppi dal Veneto, dalle province di Milano o di Torino, dalle Marche, dalla Campania e dalla Sicilia, da Roma come Venezia, oltre che dall’Abruzzo stesso (Silvi, Pescara, Martinsicuro…). Questo fenomeno, davvero molto  interessante e che spero emerga nella sua valenza, si sta preannunciando in replica anche per il 2013.

Sicuramente si tratta di idee spontanee quanto autonome (ovvero non coordinate), nate da un singolo capo, o comunque magari da esigenze dei singoli Progetti Educativi o da Capitoli in Clan sull’azione politica della nostra Associazione. Ma senza dubbio si stratta di iniziative importantissime, non solo perché un incontro con la realtà disastrata nella quale ci troviamo lascia inevitabilmente il segno, ma perché offre l’occasione per attivare tutta una serie di meccanismi che aprono alla maturazione personale dei ragazzi, alla formazione di una coscienza orientata alla cittadinanza attiva e più responsabile. Le tante testimonianze raccolte dai ragazzi incontrati non fanno che confermarci in questo senso, e ogni volta non potevo dir loro nulla… se non «grazie» per aver scelto di voler percorrere un pezzo della loro strada in questa città.

Cosa posso dire, in conclusione? Che le difficoltà per L’Aquila ed i problemi andranno avanti per anni, e forse non saranno risolti nel modo migliore; ma se il «caso L’Aquila» continua ad essere uno stimolo per tanti ragazzi scout di tutt’Italia, per crescere e diventare “buoni cittadini”, beh… seppure in tanto deserto, penso che come Associazione siamo sulla buona strada nel continuare a fare del nostro meglio.

«Il fascino del deserto è che nasconde un pozzo», diceva Antoine de Saint-Exupery. Un po’ difficile da trovare, ma c’è. E quell’acqua cui attingere, come per la Samaritana del Vangelo, è sempre a disposizione di chi non ha ancora rinunciato a pronunciare la parola “speranza”.

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Ruggero Mariani

 

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