Affidiamo questo spazio a delle considerazioni più tecniche ed esperte, frutto delle parole di uno dei geologi che la nostra regione associativa ha tra le sue schiere: Simone_Ch2
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Le due forti scosse di terremoto che hanno colpito l’Emilia il 20 ed il 29 Maggio ci riportano sicuramente col cuore e con la mente alla sequenza sismica aquilana del 2009 e alle sue drammatiche conseguenze molto chiaramente esposte da Ruggero nell’ultima assemblea regionale a Luco dei Marsi.
Al fianco del turbinio di emozioni che, seppur in modo evidentemente differente, avrà pervaso tutti noi, ancora una volta però ci si ritrova a fare i conti con numeri, scale, faglie, gradi e chi più ne ha più ne metta!
Cerchiamo allora di fare un pò di chiarezza in questo labirinto di numeri e di nomi in modo da poter meglio comprendere le informazioni che in questi momenti ci giungono da ogni parte.
Innanzitutto, rispondiamo ad una prima domanda: è possibile prevedere i terremoti?
purtroppo la scienza ad oggi non è assolutamente in grado di prevedere quando un terremoto avverrà (giorno, ora, minuto). Siamo tuttavia in grado di individuare dove un terremoto avverrà e con quale frequenza. La stragrande maggioranza dei terremoti infatti avviene in corrispondenza di fasce di debolezza della crosta terrestre lungo cui la stessa viene fratturata e dislocata. Queste fasce di debolezza sono rappresentati da dei piani chiamati faglie.
Ogni volta che in corrispondenza di una faglia avviene un nuovo movimento, questo libera una grande quantità di energia che si trasmette nella crosta terrestre sotto forma di onde: il terremoto.
In particolare, attraverso degli appositi strumenti chiamati sismografi è possibile misurare la grandezza di un terremoto in termini di energia sprigionata. Questa grandezza si chiama magnitudo e si misura attraverso una scala logaritmica chiamata Scala Richter. La massima magnitudo mai registrata è di 9.5 gradi Richter (Cile, 1960) corrispondente ad una rottura cosismica (ovvero contemporanea al terremoto stesso) della costa lunga circa 1000 Km.
Esistono diversi tipi di magnitudo a seconda del modo in cui questa è calcolata (motivo per cui delle volte diversi centri sismologici associano valori leggermente diversi al medesimo evento sismico). In particolare tra queste tipologie di magnitudo, la magnitudo momento (Mw) permette di individuare una relazione diretta tra l’evento sismico e la sua sorgente (la faglia). In poche parole questo significa che per avere un terremoto con Mw pari a 9 è necessaria una fagliazione lunga 1000 km, per una Mw pari a 6 la fagliazione è di circa 10 km. Adesso diventa sicuramente più chiaro perché tra i punti della scala Richter (che abbiamo già detto essere logaritmica) ci sia un’enorme differenza: l’energia necessaria a rompere e movere 10 km di crosta è molto inferiore a quella necessaria per romperne e muoverne 1000! La relazione tra Mw e lunghezza della sorgente sismica però ci permette di fare un’ulteriore considerazione: se conosciamo le faglie attive (quelle che generano terremoti) e siamo in grado di misurare la loro lunghezza, possiamo calcolare il massimo terremoto ad esse associato, ovvero la massima magnitudo attesa. Grazie a questa relazione è possibile definire con più precisione il rischio sismico di una data area. Per questo sappiamo ad esempio che terremoti come quello del Cile non colpiranno mai l’Italia.
Tuttavia, nel momento in cui si verifica un terremoto, entrano in gioco anche altri fattori che fanno sì che il risentimento in superficie (epicentro) sia più o meno forte. Un fattore molto importante è la profondità del terremoto (ipocentro). Più l’ipocentro è prossimo alla superficie e meno le onde sismiche riusciranno a dissiparsi con conseguente aumento del risentimento in superficie. Pensiamo ad un terremoto con Mw attorno a 6 che avviene a 250 km di profondità, questo in superficie verrebbe percepito come è stato percepito a Napoli il terremoto del 6 Aprile 2009. Purtroppo, se in Italia non abbiamo sorgenti sismiche tali da provocare terremoti di grandi magnitudo è anche vero che buona parte di queste faglie sono tutte molto superficiali. Basti pensare agli ultimi terremoti (Umbria-Marche 1997, L’Aquila 2009, Emilia 2012) i loro ipocentri erano tutti compresi nei primi 15 Km.
Un altro fattore che diventa determinante nel risentimento di un terremoto in superficie è il terreno che le onde sismiche attraversano. Infatti alcuni terreni permettono un attraversamento rapido delle onde, altri terreni vengono invece attraversarti lentamente. Queste differenze provocano riflessioni e rifrazioni delle onde amplificandone gli effetti di sito. Per questo motivo strutture identiche possono reagire differentemente ad uno stesso evento sismico. Pensiamo ad Onna e Monticchio, due centri distanti una manciata di km in cui il sisma aquilano si è manifestato in modo drammaticamente differente.
Analogamente, in pianura padana, la presenza di una spessa coltre alluvionale ha amplificato gli effetti in superficie degli eventi sismici dei giorni passati amplificandone i danni.
Il risentimento in superficie del terremoto viene definito intensità e misura i danni a persone e costruzioni provocate dal sisma. La scala per misurare l’intensità in particolare si chiama Scala Mercalli. Quindi a parità di magnitudo, l’intensità di questo può variare a seconda di vari fattori (inclusa la qualità dei fabbricati).
Infine, prima e dopo un evento sismico (main shock), avvengono molti altri terremoti di magnitudo inferiore (foreshocks e aftershoks) che vanno tutti assieme a costituire il cosiddetto sciame sismico che prosegue anche per molte settimane.
Delle volte, inoltre, a seguito di un terremoto si può innescare un altro terremoto in una sorgente sismica limitrofe, come potrebbe essere avvenuto nel terremoto emiliano di questi giorni e come sicuramente è avvenuto nel terremoto del 1997. Dunque, in presenza di un sciame sismico è bene sempre avere massima allerta e non sottovalutare i potenziali pericoli.
Sicuramente c’è ancora tanto da conoscere e scoprire sul problema terremoto, basti pensare che i sismografi esistono da circa cinquant’anni mentre i terremoti si ripetono lungo una stessa faglia con frequenze secolari. Tuttavia, se venisse fatta una prevenzione più meticolosa sicuramente i danni legati ad un evento sismico potrebbero essere molto più limitati, perlomeno per quanto riguarda la perdita di vite umane.
Nel nostro piccolo possiamo comunque fare qualcosa di grande: Eduacare! Educare alla prevenzione, alla conoscenza del territorio, e alle norme da seguire in caso di terremoto.
La nostra legge recita la guida e lo scout amano e rispettano la natura. Se riusciremo come educatori ad infondere questo senso di rispetto per il territorio in cui viviamo, forse le generazioni future riusciranno a non farsi mettere più in ginocchio dall’incommensurabile forza della natura.
Simone_Ch2
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